mercoledì 24 luglio 2013

Disappeared - Part IV

-Beh? che c'è da spiegare? Ha perso la memoria.-
-Sì, appunto. Io non ho le competen...-
-A casa succede spesso, lo sai. Soprattutto quando le ragazze ti cercano, dopo che le hai trombate la sera prima, promettendole di sposarle. Ahahahahahah.-
La risata baritonale irrompe per la cabina di Harl Jason, capitano della Deep Space. E' una risata che si ricollega a una battuta stupida, sporca, niente di esilarante a ben vedere. Ride solo lui, ride da solo, il medico rimane in silenzio davanti alla porta stagna ben sigillata.
-Dovresti farlo scendere a terra, tipo Maracay.- Il tono del medico è piatto, quasi rassegnato.
-Nay.- Una negazione diretta. Un ordine si direbbe.
-Ci sono buoni ospedali lì, magari qualche medico sa cosa fare.-
-Nay.-
-Why not?-
-Ha un debito con noi, se lo lascio a terra se ne scapperebbe via come una lippa.-
-Sai che non è il tipo.-
-Ho detto di no e la faccenda si chiude qui, Sean. E' un ordine.- Il tono del capitano si fa secco, quasi brutale. Gli occhi da rospo si assottigliano e la mano grassoccia indica la porta con movimenti scattosi. Fuori.
-Fai come vuoi.- La porta viene sbattuta con violenza, i passi nervosi rimbombano sui camminamenti metallici del Wyoming.

Harl Sean ha quattro anni in meno del fratello, 38 per l'esattezza, ma non potrebbe essere più diverso. Ha un fisico asciutto, quasi scheletrico. Il viso è sottile e allungato, il naso è leggermento storto per via di un pugno ricevuto quindici anni prima. Il primo lavoro con la Deep Space. Ha una mente acuta e reattiva, una predisposizione alla medicina, ma uno studio lacunoso. L'esperienza ha un po' fatto da pezza al fatto di essere nato su Albany, ma non abbastanza per tutto. Sa curare le ferita, il cervello è qualcosa che non ha mai toccato.

I passi lo portano in direzione della sala macchine, sicuro di trovarlo lì. Passa tutte le ore lì dentro, eccetto quelle dei pasti. Se potesse, probabilmente ci dormirebbe anche, nonostante il casino infernale del reattore.
Sa benissimo perchè suo fratello, il Capitano, non vuole farlo vedere da qualcun'altro. Ha paura che riacquisti la memoria, sì... è quello il motivo, glielo ha letto negli occhi acquosi da rospo. Da una parte riesce anche a capirlo, un meccanico così non è facile da trovare. Quel ragazzo ha qualcosa di speciale con i motori, un feeling che pochi possono vantare. Le capisce, non sa come, non sa perchè... non lo sa neanche lui, ma ci riesce. Sembra quasi che i fili elettrici e i numeri gli parlino.
Se qualcuno riuscisse a fargli riacquistare la memoria probabilmente se ne andrebbe... e questo Jason non lo vuole. Sì è vero, quel ragazzo ha un debito con loro, ma in realtà sanno entrambi che l'ha già saldato.
Ha disattivato una bomba piazzata dentro una cassa. Dio! Una bomba! Non sa chi sia il ragazzo, ma di sicuro ha ricevuto un addestramento serio per quella roba... ma lui non ricorda.
La sala macchine è lì di fronte, il rumore è forte e una figura alta e con il fisico da contadinozzo si aggira intorno ai vari display.

-Ragazzo.- Il tono del medico è basso e flebile, nonchè quasi scocciato.
-.....-
-Ragazzo.-
-.....-
-Kiddow!- L'accento di Albany che si fa imperante in quel richiamo, ora molto più forte dei precedenti.
Il giovane meccanico si gira di scatto, gli occhi azzurri un poco spalancati.
-Winger mi chiama così.- Le labbra si muovono appena, mentre un espressione spiritata viene lanciata addosso al medico. E' sempre così, ogni volta che ricorda qualcosa sembra farlo meccanicamente, come un deck.
-Chi?- il tono è di nuovo pacato, nonostante la curiosità baleni negli occhi scuri dell'uomo.
-Winger.-
-E chi è?-
-Non lo so.- Il ragazzino dai capelli scuri, fasciati con delle bende bianche, scuote la testa, per poi fare un sospiro rassegnato e tornare a guardare i valori che scorrono sul display di fronte al reattore.
-Beh, è già qualcosa. Certo, non me ne frega un cazzo farti da strizzacervelli, ma se vuoi dire qualcos'altro...- Il tono è burbero e scontroso, di chi come l'ariete, attacca prima per difendersi.
-Lars, Beth, John, Alan, Winger, Maya. Ma ricordo solo i nomi, non chi sono...-
-Esatto, continua a ripeterli così ti rimangono di più in testa.- No, non ci crede neanche lui. Mai avuto una situazione simile e non sa dove mettere le mani. Una cosa però la sa: il ragazzo ha una memoria formidabile. Sa che è strano, ma da quando si è risvegliato in avanti, quindi circa due mesi, è stato un database umano. Uno con un trauma così dovrebbe far fatica a ricordare, eppure...

-Le hai inviate le lettere Sean?- La voce del ragazzo lo strappa improvvisamente dai propri pensieri e lo costringe a riportare gli occhi scuri su quella giovane figura di fronte al display.
-Sorry?-
-Le lettere.- ripete ancora il ragazzo anche se ora il tono si fa chiaramente più incalzate, così come lo sguardo speranzoso che viene buttato addosso al medico.
-Ovviamente, easy.- La risposta arriva veloce. Mente, non ci deve pensare. E' una risposta pronta da ore, chiusa in cassetto della mente insieme ai rimorsi.
-Perfetto, thanks Sean. Magari loro sanno dirmi qualcosa in più.- risponde il ragazzo con un sorriso che si allarga sulla faccia. Maledizione, il medico lo odia quando sorride. Gli fa ricordare quanto alla fine loro, tutti loro, puntino al proprio interesse fregandosene degli altri. La cosa non l'ha mai fatto sentire in colpa, ma con quel ragazzo è diverso. Ha qualcosa di diverso.
-Certo.-
-Va tutto bene? Mi sembri distratto.-
-Eh? No, va tutto bene. E poi fatti i cazzi tuoi, non sono io quello conciato male qui!-
Un sorriso che vorrebbe essere da stronzo compare sulla faccia pallida del medico, che ancora una volta va a chiudere i rimorsi e i sentimenti dietro quella maschera di menefreghismo creata da lui stesso.
Due lettere per cercare il passato, due persone che sarebbero dovuto essere avvisate e non lo saranno mai. Lars Wolfwood e Elizabeth Moira Angela Lightwood.  Due lettere intercettate dal Capitano prima di arrivare alla stazione postale. Due rimorsi che fanno torturare il labbro inferiore del medico.
-Ti farò andare via...- il tono è un sussurro, qualcosa di proibito scappato dai pensieri.
-Cosa?- Il ragazzo si gira, lo sguardo confuso.
-Nothing.-