sabato 9 novembre 2013

Just one hour

 [Scritto a quattro mani dai player di Philip e John]
 
La Renshaw è completamente operativa, ed a seguito dello stoccaggio, pronta per Greenfield. La sala macchine è in perfette condizioni, ogni processo meccanico ed elettronico è stato controllato e ricontrollato, ma ancora non intendo lasciarla. E' tardi e la maggior parte dei compagni sono fuori per le poche ore di licenza prima della partenza, ma io resto a ricontrollare fino all'ultimo decimo, i valori del motore o dei sistemi vita. Non mi pesa, anzi! Il mio lavoro è una delle poche cose che mi far star bene, in cui so prendere decisioni certe, in cui conosco le conseguenze degli eventi ed in ogni azione. So quale bullone stringere, quale bocchetta aprire, quale connessione effettuare e quale circuito azionare. È il mio mondo ed all’interno di esso non regna il caos perché riesco a controllarlo.

Ho finito da un pezzo il turno e ho il permesso di tornare al campo e buttarmi in branda in ogni momento, ma so per certo che non riuscirei a dormire. Durante la strada che dallo spazioporto porta al campo sarei costretto a vedere lo sguardo di quelle centinaia di persone affamate che si raggruppano intorno ai falò. Non voglio vedere la tristezza negli occhi degli altri soldati, data dalla mancata sicurezza della guerra. Voglio stare da solo per qualche ora dando sfogo a questa paura che sento scuotermi l'anima. Fra queste pareti d’acciaio, in mezzo a questo ronzio persistente, ho la certezza delle mie azioni. E non ho paura. Non la mostro davanti agli altri perché non voglio che si preoccupino per me, non voglio che mi considerino un debole o che mi compatiscano. Non sono più un ragazzino, sono cresciuto. Ho tenuto le redini di un Ranch e mi sono arruolato per combattere una guerra in cui credo. Non sono più un ragazzino, anche se a volte … ho la stessa paura di un tempo.

Ho appena finito d'inserire la correzione di alcuni parametri del motore,confermare l’operazione chiudendo il terminale che si inserisce all’interno della colonna di comando, quando avverto una strana sensazione: un formicolio lungo il collo. Mi volto e noto gli occhi di Nami che mi osservano. Se ne sta poggiata con la spalla al bordo della pesante porta stagna, con le braccia intrecciate sotto seno da diciottenne ed un sorriso astuto sul volto, come quello che ha un gatto randagio che tiene sotto scacco un topo in un angolo. Conosco bene quella posa, è quella delle persone vispe, spigliate ed sicure di sé. Quella dei ragazzini provenienti dai bassi fondi, cresciuti a mazzate, furtarelli, raggiri e doppi giochi. Come quello che aveva John un tempo. Mi manca quel sorriso sul viso di mio fratello, diventato quasi come una macchina ora. 

La giovane pilota mi fissa con gli occhi chiari e mi trapassa come se fossi di vetro. Ha un sorriso beffardo sul viso ed non so perché ma ho la certezza mi stia fissando già da un bel po'.
Credevo di essere solo, in nave.
Ciao Phil.
Hi… Ti serve qualcosa?
Aye, effettivamente…” Si avvicina di un passo mantenendo quell’espressione astuta e divertita come se sapesse di uno scherzo che sta per accadermi, lasciandomi del tutto perplesso. Cerco di fare rapidamente mente locale mentre distolgo lo sguardo per chinarmi sul tech kit per issarlo su di un banco. Non conosco la rossa da molto tempo. Abbiamo condiviso solo una missione quando John mi chiese di tornare su Boros e fu una sorpresa sapere che si era arruolata nell'array. Non che l'abbia vista molto anche dopo ciò. La maggior parte del tempo non era mai disponibile. Ogni volta che Red era libero, lei si chiudeva in plancia con lui per apprendere il più possibile sulle rotte spaziali e quando non erano di turno nei relativi reparti, le si allenava con Sharpe o si chiudeva in camerata a leggere chissà quale libro. La persi addirittura di vista quando John, Red e Klaus furono catturati. Chiese un trasferimento in un altro battaglione, per poi tornare solo di recente. 

Okay. Amh... che ti serve Nami?” Chiedo frugando con noncuranza all’interno del tech kit “Se cerchi i file delle carte spaziali per domani, gli ho già dati ad Eivor.
Sai, stavo pensando… domani partirò e potrei non tornare più … quantomeno non viva…” Sento la sua voce improvvisamente vicina e allora alzo di scatto la testa, non avendola sentita avvicinarsi così di soppiatto. Ora capisco perché fra gli O-Aka la chiamavano “La gatta”.
Come cavolo hai fatto a..?” Lei mi guarda. Si avvicina ancora. “Cazzate comunque, tornerete tutti Abbiamo parecchio da fare.” esclamo io con un tono di voce che vorrebbe esser deciso. Infondo lo spero davvero.
...e pure tu potresti lasciarci le penne, anche se rimani qui.” aggiunge allargando un sorriso complice.
Grazie eh!” Commento ironico, accorgendomi solo ora della porta stagna richiusa alle sue spalle. La cosa non mi piace. “Hai chiuso la porta? Potrebbero aver bisogno di…
Non c’è nessuno sulla nave, sta tranquillo.” Era brava., furbamente brava. A camminare, a muoversi, a parlare. Su di lei l’accento melodico del nostro dialetto risulta parecchio affascinate, insieme ai grandi occhi nocciola. “Sei in debito con me, Phil.
What?” Domando perplesso e mi accorgo che ho ancora le mani bloccate tra gli attrezzi del tech kit. Rimango immobile a fissarla, anche se dopo un istante giro lo sguardo su un vecchio e sporco vetro, che mi rimanda indietro un me stesso con la fronte corrucciata e l'espressione stranita.

Pensavo a quella volta che mi hai rifiutata a Gokinai.
Ero impegnato.
Non lo sei più.” obbietta lei con una semplicità disarmante.
Nami d-d-evo lavorare.” Sfilo le mani e le alzo istintivamente come per difendermi e negare la situazione stessa. Intuisco al volo il motivo per cui lei è venuta in sala macchine, ma non posso assecondarla. Sarebbe sbagliato, sotto ogni punto di vista. Sento un grosso nodo al petto che mi impedisce di respirare come vorrei.
Oooh Nick! Finiscila, di fare il moccioso, non ti sto mica per pestare!” sbuffa scocciata.
Do-dovresti andare a-a d-d-dor-mire.” balbetto come un deficiente, completamente imbarazzato. Sbatto contro qualcosa. Il bancone dietro di me frena la mia tentata fuga, intrappolandomi
Un sorriso furbo compare sul suo viso mentre rallenta il passo, vedendomi bloccato tra lei e il bancone. L'aveva chiaramente studiata.
Ma io ho intenzione di andarci...” il suo tono si abbassa e diventa più roco, tanto che il respiro mi si blocca in gola per qualche istante. “... non da sola però.” precisa poco dopo, mentre mi scruta dal basso verso l'alto ed io mi sento scorrere un brivido lungo la schiena.
Not with me...
Cos'è, per caso non sono abbastanza bella?” M’incalza mentre la sua mano destra va a cominciare a slacciare i bottoni della camicetta a quadri che le copre il petto. Distolgo lo sguardo puntandolo verso il basso, cercando di sfuggire alle sue occhiate provocatrici. Il respiro mi si mozza in gola e stavolta ho il terrore che non sia per la vergogna, ma per qualcos'altro di … peggiore. Capire cosa sto provando è una reale impresa. Vergogna, eccitazione, disagio, negazione e desiderio.
"Non... non è questo Nami. I-io ho... sono ancora... nay.. cioè... è sbagliato... n..."

Non riesco a concludere la frase che Nami scatta in avanti, senza preavviso e senza freni. Se prima era calma adesso sembra aver perso quello che la teneva ferma. Prima che possa fermarla ha già le mani intorno al collo e spinge senza disagio il suo corpo contro il mio. Sorpreso cerco di allontanarla spingendola per le spalle, ma mi anticipa, andando a poggiare prepotentemente le sue labbra contro le mie, in un bacio che non sa né di carezze né di amore, solo di una chiara passione animale e istintiva. La mie mani scivolano senza controllo sui suoi fianchi stretti, accarezzandoli. Sento che sto per lasciarmi andare quindi la stringo, ma questa volta non per abbracciarla. Ci metto più forza e la sposto letteralmente di peso. 

Damn! Che cazzo ti sei in messa in mente Nami?” vorrei urlarglielo, ma mi manca il fiato per farlo e quindi ne viene fuori un mormorio strozzato. Sento caldo ed una parte di me non sembra non essere proprio d’accordo con il mio rifiuto di quella situazione, con la mia speranza di rimettermi ancora con Beth.
Lei riapre le labbra e Dio solo sa come riesce ad essere così abile ad attrarre un uomo. “Per essere un Roser, Phil… ne hai da imparare. Forse dovresti cominciare a comportarti più da Roser che da Corer.” Sibila muovendo le proprie labbra, avvinandosi ancora. 
Quanti mesi sono che non vai a letto con una ragazza, uhm?” domanda con un sorriso bastardo sul viso, mentre si alza un poco sulle punte per raggiungermi, per potermi osservare negli occhi. Sfuggo al suo sguardo, sfuggo alla sua domanda, svicolando con il capo per allontanare il suo respiro dal mio. “Da quando ti sei mollato con quella stupida rossa, right? Era ancora prima dell'inizio della guerra e tu… sai di averne voglia.” Non rispondo perché oramai il suo corpo torna vicino al mio e va a premersi addosso con una dolcezza selvatica. Sento il contatto, il suo respiro, il suo profumo ed il battito accelerato del mio cuore. Non ho il coraggio né la voglia di spostarla. 

Ti sei chiuso qui dentro perché stasera non vuoi pensare a nulla, soprattutto alla paura e ai sensi di colpa, hai?" Mi rifila un sorriso da canaglia, mentre io deglutisco a secco senza poter smentire. Ne osservo gli occhi chiari così vicini ai miei e vado a stringere le labbra. Sento il suo respiro contro la pelle e un altro brivido mi scorre lungo la schiena. 
E allora smettila di reprimere quello che provi. Sai…” anticipa mentre le sue mani scendono sui miei fianchi, avvicinandosi lentamente alla cinta dei pantaloni, sbottonandola. “Noi Roser abbiamo un detto e sono sicura che lo sai: I'm a roser and I will do everything to survive.” Sfila lentamente la cinghia. “For just one hour, let it free, Philip.” Conclude infine prima di tornare ad appropriarsi prepotentemente delle mie labbra, mentre le sue mani ora slacciando i pantaloni, lasciandomi la liberà della sua camicetta, che viene aperta con un gesto secco.

Nami mi salta letteralmente addosso dando inizio alla passione, cingendomi il viso con le mani, ed il corpo con le gambe. Per questa ora non penserò alla guerra e neanche al fatto che probabilmente morirò sotto uno dei ponti. Non penserò a quello che non sono riuscito a fare e alle promesse che non riesco a mantenere. Almeno per un ora sarò tagliato fuori, con i sensi offuscati dalla passione. Non è amore, no... è solo... voglia... di sentirmi bene per un po'.
Per una volta mi comporterò da Roser, per una volta sarò libero come i bimbi smarriti di Gokinai, per una volta, farò quello che voglio per sopravvivere. So che non saprò darmi pace per questo sbaglio madornale, so che rimpiangerò questa cosa che non andava fatta.
Tra un ora.

Nami - 2496 - Boros