martedì 18 febbraio 2014

Gli uomini non piangono

 Boros - 2503
Desert River

Kioji lo spinge ancora, fino a farlo ruzzolare giù dalla piccola scalinata di argilla che porta dal sagrato del monastero al piazzale antistante.
Si brucia le mani e il ginocchio destro, da cui esce un poco di sangue. Gli fa male anche il naso, visto che è atterrato di faccia sul terreno.
Gli occhi cominciano a bruciare per via del dolore e dell'umiliazione appena subita. Non si tira dritto, rimane steso con il grugno schiacciato contro il terreno mentre un paio di lacrime cominciano a scendere sulle guance.
- Che fai bastardo? Piangi? - Domanda arrogante Kioji, mentre un coro di risate si alza dagli altri bambini intorno.
Quello a terra alza un poco il viso andando ad inquadrare lo sguardo severo della propria madre, che lo osserva da lontano, senza muovere un muscolo. Non risponde, gli occhi gli bruciano troppo, mentre le lacrime continuano a scendere senza che lui possa controllarle.
- Avete visto? Il Windson sta piangendo! - urlacchia malefica un altra voce acuta, da bambina, seguita ancora da altre risate.
Lui guarda la madre che lo fissa, le braccia incrociate sotto il seno. Lei non si muove, non parla, ma il bambino sa benissimo cosa gli sta dicendo: Gli uomini non piangono.
Ma lui ha solo sette anni, non è un uomo. Gli uomini non piangono.
 



Boros - fine 2508
Gokinai

E' in piedi di fronte alle macerie della fabbrica di argilla nella zona Sud della capitale. Ci sono altri ragazzi come lui, ma stavolta nessuno ride. Nessuno prende in giro nessuno, sono incredibilmente uniti in un dolore troppo grande per essere compreso appieno a quell'età.
Alcune donne si disperano, mentre i pochi uomini rimasti e i soldati di stanza in città cercano di estrarre i corpi carbonizzati dalle macerie.
Il ragazzino non parla, osserva la scena con gli occhi sgranati e vuoti. Non s'illude neanche per un secondo, sua madre era lì dentro e di lei resta solo un corpo carbonizzato insieme a decine di altri.
Un soldato che lo conosce, Samuel White, gli si avvicina e va ad accovacciarsi di fronte.
-Mi dispiace boy.-
Il ragazzino in un primo momento
non risponde e gli ci vuole una scossa alla spalla per fargli girare gli occhi azzurri, umidi, sul soldato. La recluta lo fissa per un paio di secondi, prima di stringere con decisione la spalla del ragazzino in lacrime. A lui scappa qualche singhiozzo trattenuto mentre abbassa il viso.
-Hey boy...gli uomini non piangono.-
Il ragazzino va ad annuire, mentre il dorso della mano destra si porta sugli occhi azzurri per cercare di asciugare le lacrime che gli escono prepotentemente. Pensa allo sguardo severo di sua madre e le ferma, costringendole a rimanere serrate dietro ai giovani occhi.
Non è ancora un uomo, è un ragazzino, perchè gli uomini non piangono.

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Diventerà un uomo ben prima del tempo canonico perchè non piangerà più per tutta la guerra e neanche dopo. Ha giurato di non piangere più. Non lo farà neanche alla scoperta della sua mutazione. Perchè gli uomini non piangono.
-Piangi Philip e rialziati più forte di come sei. -
-Io non piango più dalla guerra, Lars. Non ho intenzione di inziare ora. -


E invece si ritroverà a piangere nella cabina di una nave passeggeri partita da Capital City per Hall Point, nella di metà Febbraio del 2516.
Ha chiuso la porta a chiave appena è entrato, un gesto istintivo. Poi si è buttato sul letto metallico, schiacciando il viso magrissimo contro il cuscino proprio come aveva schiacciato il muso contro il terreno di Deser river tanti anni prima. Non riesce a controllarsi, esattamente come allora.


Piange per la conclusione definitiva della storia tra lui e Beth, per la vita che avrebbe potuto avere, a cui ha rinunciato, e che non avrà più.
Piange per la litigata con John, per la paura di perderlo di nuovo, vedendolo allontanarsi su una strada sbagliata. Piange per le bugie, che non potrà mai svelare, raccontate a Lars.
Piange per Moloko, per il Doc e il loro bambino perchè vorrebbe dirgli che li proteggerà, ma sa che sarebbe inutile. E'certo di non esserne capace, non riesce mai a proteggere nessuno.
Piange per la propria anima, per quella di Klaus e dei propri compagni, dirette in rotta di collisione verso l'Inferno, nella speranza di creare un futuro migliore per se stessi e per gli altri.
Piange per la gente oppressa di Safeport, per i bambini delle scuole diroccate, per i lavoratori delle fabbriche e per quelli che oramai si sono persi nella criminalità.
Piange per i morti della guerra di Polaris, per i suoi commilitoni e per i vivi di Bullfinch lasciati a se stessi perchè sopravvivere è più difficile. Lui lo sa.
Piange per Myar e il Black Oak Ranch, per le speranze disattese e per le delusioni date e prese. Piange per gli amici diventati nemici, quasi senza una reale ragione. Piange per quello che è stato e che che sarà mai più.
Continua a piangere fino a svuotarsi i polmoni contro il cuscino, fino a tornare alla Grande Guerra, ad Hera e al Boros di tanti anni prima.

Piange come non ha mai fatto in tutta la sua vita perchè gli uomini non piangono, mai. ma al momento lui è solo un diciannovenne con un passato troppo grande, un presente troppo doloroso e un futuro troppo incerto.

Per l'intera notte ha smesso di essere un uomo, trascinando fuori con le lacrime tutto quello che in quegli anni si è tenuto chiuso dentro... perchè gli uomini non piangono.
La mattina, se si può parlare di mattina su una nave, si alza con gli occhi brucianti e secchi. Si accorge però, di riuscire a respirare meglio, come se gli avessero tolto una pietra da sopra il petto. Il respiro è profondo, preciso e calmo, come non lo sentiva da tanto tempo.
E, dopo mesi interi, si accorge di avere una gran fame.